I PROVIDER SONO RESPONSABILI DEI CONTENUTI DIFFUSI IN RETE
Il Sole 24 Ore - Mercoledì 28 luglio 2004
Se è il
provider a scegliere i contenuti da pubblicare, non può diffondere
materiale senza il consenso dell’autore. E’ quanto affermato dalla
sentenza emessa il 29 giugno dal tribunale di Catania, una delle prime
pronunce interpretative delle norme del D. Lgs. 70/2003, che hanno
disciplinato la responsabilità del provider. Il tribunale (sezione quarta
civile) ha condannato un provider per violazione del diritto d’autore
on-line, per la pubblicazione di un’opera, senza il benestare
dell’autore, su un sito Internet, realizzato e gestito per conto di un
Comune. Il giudice ha ravvisato ed applicato il regime di responsabilità del “content provider, al quale incombe l’obbligo previo di controllare e verificare ogni ulteriore profilo di lesività dei contenuti resi ostensibili nel sito dallo stesso creato, organizzato e gestito”. Trattandosi di responsabilità extracontrattuale, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., non assumeva alcun rilievo il fatto che il servizio fosse reso a titolo gratuito, in forza di una apposita convenzione con il Comune. La
sentenza si è soffermata sulla disciplina dettata in materia di
responsabilità degli Isp (Internet
service provider), dal Decreto 70, che ha recepito la Direttiva
2000/31/CE sul commercio elettronico. Negli artt.
da 14 a 17 si distinguono diverse attività, tipiche dei providers: mere conduit, caching e hosting. La prima
consiste nella semplice trasmissione di informazioni, non proprie (quindi
fornite dal destintario del servizio/committente), o nella fornitura di
accesso alla Rete. Si tratta del carrier
(operatore telefonico) o dell’access
provider che, se si limitano a veicolare informazioni senza
intervenire in alcun modo, neanche dando origine alla trasmissione, sono
esonerati da responsabilità. Il caching
consiste nell’attività di memorizzazione automatica, intermedia o
temporanea delle informazioni, “effettuata al solo scopo di rendere più
efficace il successivo inoltro ad altri destinatari, a loro richiesta”. L’hosting
rappresenta l’attività più diffusa ed eterogenea, che può spaziare
dalla gestione del sito, con conservazione dei data-log,
alla tenuta degli archivi del cliente nei propri server. Per tutte
le tipologie di attività il D. Lgs. 70 ha negato espressamente la
possibilità di imporre sia un obbligo generale di sorveglianza sulle
informazioni veicolate o memorizzate, sia un obbligo di ricerca attiva di
fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite. Per
le attività di caching e di hosting, osserva la sentenza, la
responsabilità è stata sostanzialmente subordinata al fatto che il
“provider sappia della illiceità dell’attività o dell’informazione
o anche, semplicemente, della esistenza dell’attività o
dell’informazione”. Così facendo sono state respinte sia le
precedenti interpretazioni che ravvisavano una responsabilità oggettiva a
carico del provider, sia il tentativo di applicazione di modelli di
responsabilità soggettiva aggravata, come quelli dell’editore o del
direttore responsabile. La
sentenza dichiara che la “responsabilità del provider si configura alla
stregua di una responsabilità soggettiva: colposa, allorché il fornitore
del servizio, consapevole della presenza sul sito di materiale sospetto,
si astenga dall’accertarne l’illiceità e, al tempo stesso, dal
rimuoverlo; dolosa, quando egli sia consapevole anche della antigiuridicità
della condotta dell’utente e, ancora una volta, ometta di
intervenire”. Nel caso
in esame ha trovato applicazione l’art. 16, comma 2, del D. Lgs.
che dichiara non valida l’esenzione di responsabilità del
prestatore di servizi di memorizzazione di informazioni-hosting, stabilita
al comma 1, quando il destinatario del servizio agisce sotto l’autorità
o il controllo del prestatore. In altri termini, se è il provider a
scegliere i contenuti da pubblicare o comunque non riesce a fornire la
prova, anche testimoniale, che documenti o immagini sono stati scelti e
forniti dal committente, dovrà rispondere di ogni eventuale contenuto
illecito immesso in Rete. Viceversa
nella ordinaria fornitura di servizi in hosting, i providers, se vorranno
tentare di arginare i rischi di condanne al risarcimento dei danni, per
responsabilità colposa, dovute a violazioni compiute dai clienti
dovranno, alzare la soglia di attenzione sulla tipologia di informazioni e
attività svolte sui propri server e provvedere a rivedere completamente
gli attuali contratti di servizi. Avv. Allegra Stracuzzi
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