La firma elettronica una realtà strategica

Il Sole 24 Ore  - Venerdì 16 novembre 2001 

In attesa del recepimento della Direttiva europea sulle firme elettroniche (93/99/CE), si può dire che la firma digitale italiana sia oggi una realtà non più soltanto giuridica, ma anche commerciale e strategica. Sono sempre più numerose le aziende che stanno cominciando ad attivarsi per adeguare la propria organizzazione interna all'uso di tale strumento, mentre il numero degli enti certificatori, iscritti nell'elenco tenuto dall'AIPA, è salito a tredici. E' ormai chiaro infatti che la scelta di utilizzare la firma digitale rappresenti qualcosa di molto diverso da un semplice "capriccio tecnologico". Il nostro ordinamento giuridico si sta velocemente trasformando, allo scopo di assorbire l'uso di tale modalità di sottoscrizione in un numero sempre maggiore di atti e procedure ed è evidente anche la tendenza a rendere tale uso progressivamente esclusivo, ovvero sostitutivo della sottoscrizione autografa. L'esempio più recente è rappresentato dalla norma che prevede, con decorrenza dal 10 dicembre prossimo, l'obbligo per le imprese (salvo qualche eccezione) di inviare all'ufficio del registro delle imprese le domande, le denunce e gli atti che le accompagnano, per via telematica oppure su supporto informatico, sottoscritti con firma digitale (art. 31 legge 340/00). Poiché molte Camere di commercio non sarebbero state in grado di distribuire i dispositivi di firma digitale, in tempo utile, a tutti i soggetti indicati dalla legge, il Ministero delle Attività Produttive è intervenuto con una circolare (n. 3529/C/01) con cui ha previsto, in via transitoria, l'adozione di tre modalità alternative di inoltro degli atti. In altri termini la circolare, consentendo ancora per pochi mesi anche la produzione degli atti in forma cartacea, ha esortato le Camere di commercio a completare la diffusione del dispositivo di firma, a tutti i i soggetti interessati, nei tempi previsti per il deposito dei bilanci relativi all'anno 2001. Un altro esempio è rappresentato dal Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. 445/00) che, recependo le norme sulla firma digitale, ha disciplinato l'intera attività amministrativa della P.A. in termini di documento informatico e trasmissione telematica. Le implicazioni per le aziende, i professionisti ed i cittadini sono innumerevoli ed aumenteranno in misura direttamente proporzionale alla realizzazione della Rete Unitaria della P.A. (RUPA). Non sono da sottovalutare inoltre le implicazioni che deriveranno dall'entrata in vigore del Regolamento relativo al cosiddetto processo telematico (D.P.R. 123/01), prevista inizialmente per il primo gennaio 2002 ma rimandata a data da definire, in attesa dell'emanazione delle regole tecniche. In definitiva la progettazione, realizzazione e "messa in opera" di questo strumento tecnologico ha rappresentato il risultato di un notevole sforzo giuridico, organizzativo e tecnico, che ha mantenuto l'Italia in una posizione di indiscussa avanguardia rispetto agli altri paesi della Comunità, fino alla data stabilita per il recepimento della Direttiva 93/99, relativa ad un quadro unitario per le firme elettroniche (il 19 luglio scorso). Al di là del fatto che la legge comunitaria 2000 ha concesso al Governo un anno di tempo per tale recepimento (quindi febbraio 2002), in ogni caso la firma digitale italiana può essere inquadrata senza particolari difficoltà, nell'ambito delle firme elettroniche previste dalla Direttiva, rappresentando quella corrispondente alla forma cosiddetta più "sicura". Da questo punto di vista, ai fini del recepimento, potrebbe essere sufficiente dare atto degli ulteriori requisiti richiesti agli enti certificatori nazionali, attualmente iscritti nell'elenco pubblico, qualificandoli all'interno di un sistema di accreditamento facoltativo e ridimensionandone la responsabilità, in conformità alle disposizioni della Direttiva. Tuttavia proprio la considerazione del carattere di "trasversalità" dello strumento di firma elettronica, impone una riflessione più generale sull'efficacia probatoria da attribuire ai documenti informatici ed alle firme elettroniche più "leggere", previste dalla Direttiva, in modo da predisporre una disciplina che sia coerente con la realtà di Internet e che tenga conto delle trasformazioni che le relazioni umane stanno subendo in seguito alla costante evoluzione tecnologica. L'obbligo del recepimento della Direttiva potrebbe in sostanza costituire l'occasione per rivedere l'art. 10 del Testo Unico, non solo nel senso di attribuire efficacia probatoria alle altre firme più "leggere", ma per risolvere finalmente anche il problema dei documenti informatici privi di firma. Si è sottolineato più volte che il testo del precedente art. 5 del D.P.R. 513/97 (oggi rielaborato dall'art. 10 del T.U.) pareva consentire l'attribuzione ai documenti informatici privi di firma dell'efficacia probatoria di riproduzione meccanica (art. 2712 c.c.). Questa interpretazione è stata confermata anche da una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (Sez. Lav. 11445/01), a proposito delle risultanze di un sistema informatico aziendale, in tema di licenziamento per giusta causa. E' importante non sottovalutare questo aspetto, non soltanto perché i documenti privi di firma rappresentano attualmente il totale delle attività, commerciali e non, poste in essere tramite Internet, ma soprattutto perché va riscontrata una recente tendenza degli organismi comunitari ad emettere disposizioni che riconoscono efficacia al semplice documento informatico privo di firma. Un esempio è dato dal Regolamento del Consiglio dell'Unione Europea (44/01), in materia di competenza giurisdizionale che considera "forma scritta" qualsiasi comunicazione con mezzi elettronici, che permetta una registrazione durevole della clausola attributiva di competenza (art. 23). Un altro esempio è dato dalla Raccomandazione del Gruppo di lavoro europeo in materia di privacy (17 maggio 2001, WP43), che prevede la validità del consenso espresso con il meccanismo del "point and click". In entrambi i casi si tratta di ambiti nei quali il nostro ordinamento richiede la forma scritta, quantomeno a fini probatori. Ciò significa che, allo stato attuale, la normativa nazionale, contrariamente all'orientamento comunitario, imporrebbe in questi casi l'uso della firma digitale. In definitiva è auspicabile che il legislatore provveda ad eliminare e risolvere quei punti controversi che, creando incertezze tra gli operatori, rappresentano un ostacolo alla diffusione dell'uso delle tecnologie ed un freno all'attuazione delle riforme in vigore. Poiché la diffusione dell'uso delle firme elettroniche sarà tanto più veloce quanto più si svilupperà l'uso di Internet in generale, è necessario superare la diffidenza degli utenti (siano essi consumatori o aziende), rimuovendo quanto più è possibile incertezze giuridiche e dubbi interpretativi.

avv. Allegra Stracuzzi

     

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