Selezione del personale / Una questione di    privacy

Il Sole 24 Ore  - Lunedì 26 novembre 2003 

Sono sempre più stringenti le norme che disciplinano la raccolta e la gestione dei dati a fini di selezione del personale, provengono da norme diverse e devono essere interpretate in modo coordinato. La materia è regolamentata oggi non soltanto dalla normativa sulla privacy e dall'ormai già famoso nuovo Codice, che entrerà in vigore l'1 gennaio 2004, ma anche dal Decreto Legislativo 10 settembre 2003 n. 276, attuativo della "legge Biagi" ed in vigore dal 24 ottobre scorso. I due provvedimenti si muovono su binari paralleli e, nonostante i diversi ambiti operativi, sono destinati ad intrecciarsi in varie occasioni e modalità, interessando non soltanto gli operatori del mercato del lavoro, ma qualsiasi azienda che intenda assumere nel proprio organico un prestatore di lavoro. Il Codice Privacy disciplina in via generale il trattamento di dati personali e dedica un apposito titolo al "lavoro e Previdenza sociale", il Decreto Biagi si occupa espressamente di tutte le attività inerenti il collocamento e istituisce un apposito albo delle agenzie per il lavoro, "..ai fini dello svolgimento delle attività di somministrazione, intermediazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione professionale". Prendiamo il caso di un'azienda che voglia commissionare una ricerca di personale ad una società specializzata o comunque si avvalga di terzi per reperire figure professionali. Innanzitutto quest'attività potrà essere svolta soltanto da agenzie o soggetti autorizzati, che saranno gli unici abilitati ad effettuare comunicazioni a mezzo stampa, televisione, Internet o altri mezzi di informazione, ivi compresa la corrispondenza epistolare ed elettronica. Gli estremi del provvedimento di autorizzazione ad esercitare tale attività dovranno essere riportati su ogni comunicazione o annuncio di ricerca e selezione, allo scopo di consentire a chiunque ne abbia interesse la completa e corretta identificazione del soggetto stesso. Su ogni annuncio dovrà anche essere riportato un facsimile di domanda, comprensivo dell'informativa privacy o, in alternativa, dovrà essere indicato l'indirizzo del sito Internet dove l'interessato/candidato potrà reperire le medesime informazioni. Quindi niente più annunci anonimi, o che riportano la solita frasetta stereotipata con la richiesta di inserire il consenso al trattamento dati ex legge 675/96, sulla cui illiceità il Garante si era già più volte espresso in questi anni. Agli editori, direttori responsabili e gestori di siti Internet che violino queste disposizioni, è riservata la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 4.000 a 12.000 euro. Unica eccezione è rivolta ai potenziali datori di lavoro che operino una ricerca in proprio o per le proprie collegate. Questi soggetti potranno pubblicare annunci, dando indicazioni per il reperimento della propria informativa privacy, a condizione che raccolgano e trattino dati senza intermediari. A questo proposito dovranno fare molta attenzione anche i titolari ed i gestori di quella miriade di siti Internet che, se pur gratuitamente, ospitano aree "Cerco/offro" sulle proprie pagine web. Questi siti in sostanza raccolgono e diffondono tramite Internet dati di potenziali prestatori e datori di lavoro, conferiti spontaneamente favorendo l'incontro tra domanda e offerta. Il Decreto n. 276/2003 stabilisce che l'esercizio non autorizzato dell'attività di ricerca e selezione è punito con l'ammenda di 5 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro. Si noti che queste norme e le relative sanzioni sono previste dal Decreto Biagi, mentre il Codice Privacy rimanda, a questo proposito, ad un codice deontologico di settore che dovrà regolamentare, nello specifico, anche le modalità di informativa all'interessato e l'eventuale prestazione del consenso, relativamente alla pubblicazione degli annunci per finalità di occupazione ed alla ricezione di curricula contenenti dati sensibili. In attesa di tale codice deontologico, rimane in ogni caso fermo l'obbligo di informativa preventiva confermato in via generale dal Codice Privacy, per la cui attuazione già nella prassi da tempo si adottava la soluzione del rinvio ai siti Internet, su cui veniva pubblicata l'informativa, con le istruzioni per l'invio dei curricula. La sanzione amministrativa per la mancata informativa è stata elevata dal Codice Privacy fino a 18.000 euro, elevabile fino a 30.000 nei casi di dati sensibili o comunque di maggiore rilevanza nel pregiudizio per uno o più interessati, con possibilità di aumento fino al triplo nel caso in cui le condizioni economiche del contravventore rendano inefficace la sanzione.

 Avv. Allegra Stracuzzi

     

Home page            Articoli - Normativa             Contattaci