L'intreccio tra il Codice Privacy ed il Dlgs. 276.
Selezione del personale: rebus sulla raccolta dati.
Il Sole 24 Ore - Martedì 23 dicembre 2003
Le nuove norme sulla raccolta dati a fini della selezione del personale - previste dal Codice della Privacy (che entrerà in vigore il 1° gennaio) e dal Decreto attuativo della legge Biagi - anche se non possono considerarsi "esaustive", perché rimandano ad ulteriori provvedimenti specificativi, sono già sufficientemente chiare nel delineare divieti e sanzioni. In materia di raccolta dati e annunci di lavoro, il Codice della Privacy richiama l'art. 8 dello Statuto dei lavoratori, con la relativa sanzione, che stabilisce il divieto per il datore di lavoro di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale dello stesso (articolo 113). Sotto il profilo lavoristico, è l'art. 10 del Dlgs. n. 276/03, a disciplinare la raccolta di dati per tutte le agenzie e gli operatori autorizzati. Anche in questo caso la sanzione è quella prevista dall'art. 8 dello Statuto, oltre alla sospensione dall'Albo nei casi più gravi o alla cancellazione in caso di recidiva. Sarà un decreto ministeriale di prossima emanazione ad indicare quali dati potranno essere lecitamente raccolti e trattati, per finalità di ricerca, anche a prescindere dalla presenza o meno di un committente. Il Dlgs. n. 276 prevede infatti (art. 8, comma 2) che sia un Decreto ministeriale a specificare le ulteriori prescrizioni attuative dell'art. 10, le informazioni che possono essere comunicate e diffuse tra gli operatori; e le modalità con cui il lavoratore potrà indicare l'ambito di comunicazione dei propri dati. Quest'ultimo costituisce un diritto espressamente sancito dall'art. 8 del Dlgs., che impone agli operatori autorizzati di assicurare al lavoratore il diritto di indicare i soggetti o le categorie di soggetti ai quali i propri dati dovranno essere comunicati, al fine di garantire il suo diritto al lavoro. Ora qual è il rapporto tra Codice della Privacy ed il D. Lgs. 276/03? Non c'è dubbio che il Decreto attuativo della legge Biagi detti norme più restrittive in quanto si rivolge agli operatori che agiscono nell'ambito del sistema dell'incontro tra domanda e offerta (somministratori, intermediari, società di ricerca e selezione ecc.). Tuttavia ciò non significa che le aziende in generale, cioè i potenziali datori di lavoro, quando operino in proprio senza l'intervento di intermediari, potranno ritenersi autorizzati a raccogliere liberamente dati, a fini di selezione, con l'unico limite del divieto di indagini ex art. 8 Statuto. In altri termini non può escludersi che la discrasia tra Codice e Decreto sia soltanto temporanea. Da un lato infatti è intuibile la ragione per cui le norme riguardanti la "privacy", contenute nel Decreto attuativo della legge Biagi, risultino più dettagliate e specifiche di quelle contenute nel Codice della Privacy. Si è trattato di regolamentare i contenuti di una banca dati globale, la "borsa continua nazionale del lavoro", in cui dovranno confluire i dati raccolti da tutte le agenzie, nonché quelli dei singoli lavoratori e delle aziende che vorranno alimentarla autonomamente e che dovrebbe costituire "..un sistema aperto e trasparente di incontro tra domanda e offerta di lavoro basato su una rete di nodi regionali". Ciò significa che tutti, agenzie concorrenti, lavoratori e aziende, potranno attingere dati dalla borsa continua. Dall'altro bisogna rilevare che anche il Codice della Privacy prevedeva, nella versione originaria dell'art. 113, intitolato " raccolta dati e pertinenza", il divieto per il datore di lavoro, ai fini dell'assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto, di raccogliere dati " ..concernenti anche lo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza o eventuali controversie con precedenti datori di lavoro". La norma è stata eliminata in sede di approvazione e sostituita con il richiamo all'art. 8 dello Statuto dei Lavoratori, fermo restando il titolo. Ma il divieto di indagini su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell'attitudine professionale del lavoratore deve essere interpretato in combinazione con il principio di "pertinenza", con quello di "necessità" del trattamento e, speriamo, con quello di semplificazione, questi ultimi introdotti dal Codice agli artt. 2 e 3. Poiché il codice deontologico di settore, cui il Codice rimanda per una regolamentazione più dettagliata della materia, dovrà prevedere "..specifiche modalità per l'informativa all'interessato e per l'eventuale prestazione del consenso, relativamente alla pubblicazione degli annunci per finalità di occupazione ed alla ricezione di curricula, contenenti dati personali anche sensibili", è auspicabile che provveda anche a specificare meglio i dati che non potranno essere raccolti, onde evitare incertezze interpretative dannose per tutti. Avv. Allegra Stracuzzi |
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