LE FIRME ELETTRONICHE, I DOCUMENTI INFORMATICI E LA CONSERVAZIONE SOSTITUTIVA

Aggiornamento: 26 Aprile 2011 

Abbiamo cominciato ad occuparci di efficacia giuridica del documento informatico nel 1987. Da quella data, abbiamo seguito il lungo e faticoso iter normativo, che, passando per il riconoscimento della rilevanza giuridica di tale documento nel nostro ordinamento, ha visto susseguirsi nel tempo vari provvedimenti, di matrice comunitaria e nazionale, di rango primario e secondario, fino a giungere, sei anni fa, ad una disciplina abbastanza organica, contenuta in un testo normativo unitario: il D. Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, cosiddetto Codice della PA digitale, modificato dal D. lgs. 4 aprile 2006, n. 159, d'ora in poi "CAD". (Gli aggiornamenti di questa Sezione del sito, risalenti negli anni precedenti dal 2007 al 2001, sono reperibili ai rispettivi link di fondo pagina, a partire dal presente aggiornamento).

Oggi tuttavia dobbiamo rilevare, con notevole sconforto, che questo processo di progressiva elaborazione giuridica sta subendo in realtà una battuta d'arresto, con il rischio di avvitamento su sè stesso, a causa di una serie di modifiche incongrue recentemente introdotte nel sistema.

In attuazione della delega prevista dall'art. 33 della legge N. 69/2009, è stato emanato il D. Lgs. 30.12.2010 N. 235 (G.U. N. 6 del 10.01.2011 Suppl. ord.), cosiddetto "decreto correttivo", che ha introdotto rilevanti modifiche al CAD, entrate in vigore il 25.01.2011.

Nonostante le buone intenzioni della bozza iniziale, tesa a migliorarne l'organizzazione sistematica, il testo definitivo del decreto, come emerso dopo mesi di riservatissime revisioni ed aggiustamenti, presenta delle novità che ne scardinano l'impianto, alimentando il ritorno ad una situazione di precarietà ed incertezza giuridica che si riteneva ormai superata. 

In primo luogo è stata reintrodotta la firma elettronica avanzata, già eliminata dal CAD nel 2005, perchè troppo "vaga", fonte di confusione giuridica e di insicurezza sotto il profilo tecnico. Si tratta di un tipo di firma cosiddetta "leggera", che non richiede di essere basata obbligatoriamente su un certificato qualificato, né di essere creata mediante un dispositivo sicuro di firma e che può essere rilasciata anche da certificatori non qualificati (né tantomeno accreditati nell’Albo tenuto prima dall’AIPA, poi CNIPA, oggi DigitPA), in pratica da chiunque.

La questione grave è che a tale firma non è stato confermato il medesimo valore giuridico che aveva a suo tempo (liberamente valutabile dal giudice), ma è stata attribuita addirittura l'efficacia di scrittura privata, prevista dall'art. 2702 codice civile, parificandola a quella dei documenti sottoscritti con firma qualificata o digitale. 

Tuttavia, poichè si tratta di una firma non sicura, diciamo di "serie B", è stato anche stabilito che tale firma non può essere utilizzata per la sottoscrizione di quegli atti e contratti che devono essere stipulati per iscritto a pena di nullità, ai sensi dell'art. 1350 codice civile (nuovo comma 2bis dell'art. 21 CAD).

Si è creato così una sorta di ossimoro giuridico: la firma elettronica avanzata garantisce, al documento a cui viene apposta, l'efficacia probatoria della scrittura privata (ex art. 2702 c.c.), ma non ne integra il requisito della forma scritta. Infatti essa non può essere utilizzata per sottoscrivere quegli atti che l'ordinamento pretende che vengano realizzati per iscritto a pena di nullità.

La firma avanzata non è buona neanche per realizzare le copie su supporto informatico dei documenti formati dalla P.A. su supporto analogico, poichè il CAD richiede espressamente l'utilizzo della firma digitale o altra firma qualificata (art. 23ter, comma 3).

Verrebbe anche da porsi il dubbio se tale firma sia idonea o meno ad essere utilizzata per la tenuta delle scritture contabili, ai sensi degli articoli 2214 e 2215 codice civile ma, per fortuna, l'art. 2215bis non consente dubbi e prevede espressamente l'uso della firma digitale, evitando così alle aziende eventuali brutte sorprese postume.

In secondo luogo si è inferto un durissimo colpo alla "sicurezza" della firma digitale poichè, nel riformulare le definizioni delle varie firme, per reintrodurre la firma avanzata, si è alterata la scala progressiva del collegamento tra le definizioni. Oggi la firma digitale è definita, non più come un particolare tipo di firma qualificata, ma come un particolare tipo di firma avanzata, basata su un certificato qualificato ma priva del dispositivo sicuro.

Questo è particolarmente grave se si considera che l'intero sistema giuridico del documento informatico è fondato sull'uso della firma digitale, in quanto sicura tecnicamente e conseguentemente capace di fornire certezza giuridica ai documenti (atti, contratti e relative copie).

Il nuovo CAD "corretto" delinea quindi tre firme, aventi tutte l'efficacia di scrittura privata ai sensi dell'art. 2702 c.c, con le seguenti caratteristiche:

- firma avanzata - senza certificato e senza dispositivo sicuro (non idonea alla sottoscrizione dei documenti che richiedono la forma scritta a pena di nullità)

- firma digitale - con certificato qualificato ma senza più dispositivo  sicuro

- firma qualificata - con certificato e con dispositivo sicuro

A questo punto la domanda è: perchè si è voluto inserire ulteriori elementi di complessità ed incertezza in un settore dove la necessità di informazione e formazione è tuttora enorme e dove, per cittadini ed imprese, è difficilissimo comprendere la differenza tra una firma e l'altra sin dalla fase dell'acquisto?

Si dice che così potrà facilitarsi la diffusione della firma biometrica o, ad esempio, delle One Time Password utilizzate da alcune banche, che potranno stipulare contratti online, anche se i clienti non possiedono la firma digitale.

Certo, ma chi tutelerà cittadini ed aziende, spiegando loro le differenze tecniche e giuridiche tra una firma e l'altra, quando l'esperienza di questi anni ha ampiamente dimostrato che l'unica cosa che i fornitori sono in grado di dire ai clienti è che la firma che stanno vendendo loro è "a norma"?

Si tenga conto che il recentissimo Decreto del Ministro della giustizia, del 21 febbraio 2011 N. 44, recante «Regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in attuazione dei principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, contiene la seguente definizione di

"firma digitale: firma elettronica avanzata, basata su un certificato qualificato, rilasciato da un certificatore accreditato, e generata me-diante un dispositivo per la creazione di una firma sicura, di cui al de-creto legislativo 7 marzo 2005, n. 82".

Secondo il nuovo CAD è possibile oggi, con una firma digitale senza dispositivo sicuro, vendere un immobile e non può essere di conforto pensare che, dovendosi trattare di errore del legislatore, la norma verrà corretta a breve. Basti ricordare cosa è successo con la famosa "dimenticanza" circa la distinzione tra i documenti originali unici e non unici, contenuta nel decreto del Ministero delle Finanze del 23.01.2004, che avrebbe dovuto essere corretta immediatamente con una circolare. (Piuttosto che modificare quel decreto si è preferito modificare, sul punto, 2 volte il CAD- L. 2/2009 e D. Lgs. 235/2010- e trattare la questione nelle Risoluzioni dell'Agenzia delle Entrate).

In terzo luogo la disciplina delle copie e della conservazione dei documenti è stata anch'essa, prima sistematizzata (nella bozza iniziale) e poi destrutturata (con le modifiche finali).

Oggi in mancanza di nuove regole tecniche, che dovranno disciplinare ogni attività, non si è più in grado di capire come devono essere realizzate le copie dei documenti, nè analogici nè informatici. 

Per gli analogici addirittura sono state definite due tipologie di copie (copia informatica e copia per immagine), salvo poi disciplinare soltanto la copia per immagine e dimenticarsi l'altra. Inoltre non è più richiesta la firma digitale da parte di colui che effettua la copia, quindi non è prevista alcuna assunzione di responsabilità, da parte di chicchessia, circa la conformità della copia all'originale (art. 22).

Tale copia ha la stessa efficacia probatoria dell'originale da cui è tratta se la conformità all'originale non viene disconosciuta e, fino a qui, la previsione normativa è allineata con quella generale relativa al documento cartaceo (art. 2712 c.c.).

Ma nel mondo cartaceo una copia "libera" fa prova fintanto che ed in quanto esiste l'originale che, in caso di disconoscimento, dovrà essere prodotto per la verifica.

Il nuovo art. 22 del CAD stabilisce invece che tali copie (per immagine) sostituiscono ad ogni effetto di legge gli originali analogici e sono idonee ad assolvere gli obblighi di conservazione (salva la disciplina particolare per i documenti unici). 

In sostanza è come se si fosse stabilito non solo che le fotocopie hanno la stessa efficacia probatoria del documento originale, salvo che la loro conformità all'originale non venga disconosciuta, ma anche che tali fotocopie possono in ogni caso sostituirsi agli originali ed assolvere gli obblighi di conservazione, con facoltà di distruzione degli originali non unici.

È interessante notare che tale trattamento "di favore" non è riservato anche alle copie su supporto analogico dei documenti informatici, per i quali permane l'obbligo, ove previsto, di conservazione dell'originale.

La questione è particolarmnente grave se si considera che le fantomatiche nuove regole tecniche, che dovrebbero definire nel dettaglio tutti questi processi, ivi incluse a questo punto le tipologie di firme da utilizzare, potrebbero non essere emanate ancora per anni. Fino ad oggi le regole tecniche vere e proprie, come previste dal CAD e prima dal T.U. 445/2000, non sono mai state emanate, si procede in via sostitutiva reiterando l'efficacia della Delibera CNIPA n. 11/2004 e del Decreto Ministero delle Finanze del 23.01.2004, con tutte le relative problematiche di ccordinamento tra norme vecchie e nuove.

Non è un caso che sia stato subito emanato un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, in data 2 marzo 2011, che stabilisce che le modalità di conservazione ed esibizione dei documenti per via informatica, di cui all'art. 20, comma 5 bis, del CAD (modificato dal decreto correttivo), sono regolate, a fini fiscali, dal Decreto Ministero delle Finanze del 23.01.2004 e successive modificazioni. 

Si fa notare, per inciso, che tale decreto richiede l'utilizzo della firma elettronica qualificata (art. 1, comma 2 punto b) e quindi la firma digitale senza dispositivo sicuro, come prevista dal nuovo CAD, non potrà essere utilizzata.

Infine non si può non essere preoccupati per le potenziali conseguenze che la nuova definizione di documento analogico, introdotta dall'art. 1, comma 1 punto p-bis del CAD, potrebbe produrre su tutta l'impalcatura interpretativa inerente la fatturazione elettronica e la conservazione dei documenti fiscali, costruita in questi anni attraverso l'interpretazione combinata della Delibera CNIPA n. 11/2004, del Decreto Ministero delle Finanze del 23.01.2004, delle Circolari n. 45/E/2005 e 36/E/2006 e delle numerose Risoluzioni dell'AGE, nonchè del D. Lgs. 52/2004.

Come dovranno essere considerate ad esempio le fatture informatiche non sottoscritte digitalmente, dal momento che il documento analogico adesso può essere solo "la rappresentazione non informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti"?

Analogo problema si pone per le scritture contabili non sottoscritte ai sensi dell'art. 2215 bis c.c.

Come si concilia tutto ciò con la nuova norma relativa alle copie per immagine di documenti analogici? Si rischia il ritorno indietro rispetto a tutto il faticoso lavoro interpretativo, elaborato dall'Agenzia delle Entrate, in merito al passaggio in conservazione direttamente dallo spool di stampa?

La Risoluzione N. 158/E, del 15 giugno 2009, aveva avuto l’innegabile pregio di aver semplificato notevolmente il processo di conservazione sostitutiva dei documenti analogici, in quanto aveva consentito l’acquisizione dell’immagine tramite il processo di generazione dello spool  (o rappresentazione grafica) di stampa dei documenti, senza passare attraverso la scansione dei medesimi, a condizione (naturalmente) che l’immagine così acquisita rispecchiasse in maniera, fedele corretta e veritiera il contenuto rappresentativo del documento.

La Risoluzione non aveva consentito tuttavia di eliminare la fase di stampa di tali documenti in quanto, richiamandosi a quanto stabilito dall’art. 3 del decreto ministeriale 23.01.2004, sottolineava che "..un documento che non presenti dall’origine la firma elettronica qualificata ed il riferimento temporale, dovrà essere considerato come un documento analogico formato tramite strumenti informaticiomissis…La materializzazione su supporto fisico in generale e, più in particolare, la stampa su carta, sono, dunque, adempimenti ineludibili ai fini dell’esistenza stessa del documento formato tramite strumenti informatici ma carente del riferimento temporale e della firma elettronica qualificata".

Gli operatori, da quella data, hanno potuto scambiarsi documenti non firmati (anche fatture) che, per assumere rilevanza fiscale dovevano essere stampati, ma che hanno potuto sottoporre a processo di conservazione sostitutiva mediante acquisizione dell’immagine dallo spool di stampa.

D'ora in poi come dovrebbe strutturarsi il processo di conservazione, dal momento che il richiamato decreto prevede solo l'acquisizione dell'immagine e non può più esistere il concetto di "documento analogico formato tramite strumenti informatici"?

Di fronte a questa confusione è di ben poca consolazione la tanto sbandierata introduzione di un sistema di accreditamento dei soggetti che svolgono attività di conservazione (art. 44-bis del CAD).

Quello che sconcerta è che tutte queste modifiche contraddittorie e negative non esistevano nella prima bozza, approvata dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 19.02.2010, ma sono apparse nel testo definitivo emanato il 30.12.2010.

Parrebbe quasi che l'elaborazione del testo sia stata influenzata dalla pressione di alcune lobby di interesse e che, per assecondare queste, sia stato perso di vista il quadro generale e l'equilibrio del sistema.

Purtroppo non si sono sentite voci critiche su questo risultato e questo assordante silenzio fa ben poco sperare per il futuro del settore, che appare sempre più ingolfato da soggetti non intenzionati ad impegnarsi per una evoluzione costruttiva nell'interesse generale, ma solo a presidiarne lo sviluppo per tutelare il proprio interesse del momento. 

AGGIORNAMENTO PRECEDENTE del 10 Gennaio 2007

AGGIORNAMENTO PRECEDENTE del 02 Ottobre 2006

    

 

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